Auswahl der wissenschaftlichen Literatur zum Thema „Guerre di religione francesi“

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Zeitschriftenartikel zum Thema "Guerre di religione francesi"

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Guidi, Andrea. „Armi proprie” e machiavellismo militare: con alcune note sul concetto di “autore” nella trattatistica del Cinquecento“. Las Torres de Lucca. International Journal of Political Philosophy 11, Nr. 2 (13.06.2022): 285–95. http://dx.doi.org/10.5209/ltdl.80659.

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La circolazione dell’Arte della guerra di Machiavelli ha dato un fondamentale contributo allo sviluppo della cultura militare europea in volgare del Cinquecento. Questo saggio analizza alcuni specifici aspetti della ricezione di quest’opera nella produzione scrittoria militare del tempo e in particolare si concentra su quegli elementi di pensiero legati al tema delle “armi proprie” fortemente propagandato dal libro machiavelliano. A questo proposito, si è qui deliberatamente scelto di offrire l’esempio di due opere diverse per natura ideologica e altezza cronologica: l’una risalente alla prima metà del Cinquecento, l’altra originatasi nell’ambito delle guerre di religione e della diaspora dei protestanti francesi in area elvetica. Si tratta, in effetti, di due libri che permettono di comprendere sfumature poco note del processo di riuso di certi concetti machiavelliani che all’epoca potevano essere considerati politicamente controversi. Al tempo stesso, le due opere sono capaci di far risaltare le difficoltà che emergono ogni volta che si prova ad applicare il moderno concetto di autore a testi nati in un contesto caratterizzato da un continuo riutilizzo e dalla rielaborazione di temi ed elementi ascrivibili a una lunga e articolata tradizione di scrittura militare che si sviluppò lungo il corso del secolo, la quale, tuttavia, aveva trovato un momento di passaggio cruciale nel contributo di Machiavelli
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Cucci, Giovanni. „RELIGIONE E SECOLARIZZAZIONE. DUE REALTÀ ANTITETICHE?“ Síntese: Revista de Filosofia 47, Nr. 149 (20.12.2020): 535. http://dx.doi.org/10.20911/21769389v47n149p535/2020.

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La secolarizzazione in Europa nasce da lontano. Nell’articolo se ne mostrano le radici filosofiche e teologiche, legate alla rigorizzazione della problematica di Dio e alla pensabilità della sua presenza nel mondo. La crisi della scolastica, accentuata dal sorgere della scienza moderna, porta all’esclusione della problematica teologica dalle università, dal vivere civile (a motivo della guerre di religione e dell’inquisizione, cattolica e protestante) e dalla riflessione filosofica (Kant). La problematica religiosa ritrova interesse in sede culturale a partire dagli anni ’70 del ‘900, in sociologia (Berger, Casanova), in filosofia (Wittgenstein, Plantinga), in psicologia (Bruner, Gardner). Ciò che accomuna queste prospettive è la pluralità di approcci possibili al mondo e alla vita, nessuna delle quali ha la pretesa di ritenersi di dominio esclusivo. Il ripensamento del rapporto tra religione e secolarizzazione è sempre più ricorrente anche in sede socio/politica, con l’esplodere dei problemi legati al pluralismo religioso, alle migrazioni e alla crisi di senso, che pongono problemi enormi in ordine alla sopravvivenza stessa delle società occidentali.
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Vaghi, Massimiliano. „Charles de Bussy e gli avventurieri "francesi" in India (1746-­1806)“. SOCIETÀ E STORIA, Nr. 174 (Januar 2022): 673–99. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-174001.

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Nonostante sia impossibile considerare l'antico impero coloniale della Francia come un insieme omogeneo, l'Autore sostiene che nel subcontinente indiano vi sia una sostanziale continuità fra le politiche asiatiche di Antico regime e quelle della Rivoluzione. In India, in particolare, la rivalità coloniale e commerciale con la Gran Bretagna, infatti, ha prevalso sulla politica rivoluzionaria, con una prassi che è rimasta nella sostanza invariata. In questo articolo si fornisce un approccio comparatistico dell'attività politica e militare degli ufficiali e aventuriers francesi nel contesto delle guerre anglo-franco-indiane. In particolare ci si sofferma sulla figura di Charles de Bussy (1718?-1785), ufficiale della Compagnie des Indes e quindi governatore generale francese in India, tentando di raffrontare la sua politica indiana sia con quella del suo più celebre contemporaneo Joseph-François Dupleix (1697-1763), sia con quella degli avventurieri "francesi" che hanno operato al servizio dei sovrani indiani fra il 1763 e il 1806
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Baldin, Gregorio. „Thomas Hobbes, le guerre di religione e il mito dell'Ercole gallico“. RIVISTA DI STORIA DELLA FILOSOFIA, Nr. 1 (März 2018): 1–28. http://dx.doi.org/10.3280/sf2018-001001.

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Gocko, Jerzy. „Osservatorio Cardinale Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa, Settimo Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel Mondo „Guerre di religione, guerre alla religione”, red. Giampaolo Crepaldi, Stefano Fontana“. Roczniki Teologiczne 64, Nr. 3 (2017): 152–54. http://dx.doi.org/10.18290/rt.2017.64.3-14.

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della Porta, Donatella, und Liborio Mattina. „I MOVIMENTI POLITICI A BASE ETNICA: IL CASO BASCO“. Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 15, Nr. 1 (April 1985): 35–67. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200002999.

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IntroduzioneNel corso degli ultimi venti anni in molte regioni dell'emisfero nord-occidentale sono riemersi quei movimenti politici a base etnica il cui declino era sembrato ineluttabile dopo la ridefinizione dei confini nazionali seguita alle due guerre mondiali. Tali movimenti hanno perseguito obiettivi diversi da un caso all'altro — dalla difesa della lingua regionale alla richiesta dell'autonomia politica, all'indipendenza — e talvolta anche divergenti tra le diverse componenti del medesimo schieramento. Nonostante le differenze essi sono stati contrassegnati da una comune caratteristica: quella di rivalorizzare attributi culturali oggettivi condivisi dai loro militanti — la razza, la lingua, la religione, l'insediamento in un determinato territorio, il riferimento a precedenti istituzioni, simboli, tradizioni storiche. Questi attributi sono serviti ad alimentare processi di identificazione politica che ai governi centrali è stato richiesto di riconoscere. Tuttavia, sebbene l'esistenza di attributi culturali oggettivi comuni ai membri di gruppi etnici sia stata una condizione necessaria del riemergere dei movimenti, non ne ha però costituito il fattore decisivo.
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Gocko, Jerzy. „Osservatorio Cardinale Van Thuan Sulla Dottrina Sociale Della Chiesa. Settimo Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel Mondo „Guerre di religione, guerre alla religione.” Ed. Giampaolo Crepaldi, Stefano Fontana. Siena: Edizioni Cantagalli, 2016, pp. 218“. Roczniki Teologiczne 64, Nr. 3 (2017): 132–35. http://dx.doi.org/10.18290/rt.2017.64.3-14en.

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Villard, Renaud. „Francesco Cantù et Maria Antonietta Visceglia. (dir.) L’Italia di Carlo V. Guerra, religionee politica nel primo Cinquecento. Actes du colloque international (Rome, 5-7 avril 2001). Rome, Viella, « I libri di Viella-36 », 2003, XVI-672 p.“ Annales. Histoire, Sciences Sociales 59, Nr. 4 (August 2004): 863–65. http://dx.doi.org/10.1017/s0395264900019843.

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Lijphart, Arend. „PRESIDENZIALISMO E DEMOCRAZIA MAGGIORITARIA“. Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 19, Nr. 3 (Dezember 1989): 367–84. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200008637.

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IntroduzioneNel suo noto saggio su Democracy, Presidential or Parliamentary: Does it Make a Difference? — ampiamente diffuso e da considerarsi ormai una sorta di classico non pubblicato — Juan Linz (1987, 2) osserva correttamente che gli scienziati della politica hanno trascurato le importanti differenze istituzionali e comportamentali tra regimi parlamentari, presidenziali e semipresidenziali e che, in particolare, queste differenze «ricevono solo scarsa attenzione nei due più recenti lavori di comparazione delle democrazie contemporanee», cioè Comparative Democracies di G. Bingham Powell (1982) e il mio Democracies (Ljiphart 1984). Una ragione per cui il presidenzialismo risulta relativamente trascurato nel mio libro è che nell'universo di 21 democrazie ivi considerato — definito da quei paesi che hanno avuto una ininterrotta esperienza di governo democratico approssimativamente dalla fine della seconda guerra mondiale — compare un solo chiaro caso di governo presidenziale (gli Stati Uniti) e due casi più ambigui (la V Repubblica francese e la Finlandia). Retrospettivamente ritengo di aver applicato i miei criteri in modo troppo stretto e che avrei dovuto includere anche l'India e il Costa Rica tra le mie democrazie «prolungate». Quest'ultimo avrebbe costituito un quarto caso di presidenzialismo. Powell fa ricorso ad una definizione meno esigente di democrazia (un minimo di 5 anni di democrazia nel periodo dal 1958 al 1976), il che gli mette a disposizione altri 4 casi di presidenzialismo: Venezuela, Cile, Uruguay e Filippine.Vorrei essere ancor più esplicitamente critico sul mio libro del 1984: la debolezza principale non è tanto lo scarso spazio dedicato al contrasto tra presidenzialismo e parlamentarismo (circa 12 pagine su 222, cioè un po’ più del 5% del libro) ma piuttosto il fatto che la discussione non è sufficientemente integrata con la comparazione della democrazia maggioritaria e consensuale, che costituisce il tema principale del lavoro. In particolare, ho definito presidenzialismo e parlamentarismo in riferimento a due caratteristiche contrastanti, ignorando una terza cruciale distinzione, ed ho poi legato il contrasto presidenziale/parlamentare ad una sola delle differenze tra democrazia consensuale e maggioritaria, ignorando il suo impatto su numerose altre distinzioni. L'obiettivo di questo articolo è correggere queste lacune e stabilire la connessione generale tra il contrasto presidenziale/parlamentare e quello maggioritario/consensuale.Come Linz, il mio atteggiamento sarà critico verso il presidenzialismo, ma tale critica si baserà su argomenti in parte diversi. L'argomento principale di Linz (1987, 11) riguarda «la rigidità che il presidenzialismo introduce nel processo politico e la flessibilità di gran lunga maggiore di questo processo nei sistemi parlamentari». Concordo pienamente con Linz e, in aggiunta, sono d'accordo che rigidità e immobilismo costituiscono i più seri punti deboli del presidenzialismo. In questo articolo la mia critica si concentrerà su una ulteriore debolezza della forma presidenziale di governo: la sua potente inclinazione verso la democrazia maggioritaria e il fatto che, nel gran numero di paesi in cui un naturale consenso di fondo è assente, appare necessaria una forma di democrazia consensuale invece che maggioritaria. Questi paesi comprendono non solo quelli caratterizzati da profonde fratture etniche, razziali e religiose, ma anche quelli con intense divisioni politiche che originano da una storia recente di guerra civile o dittatura militare, enormi diseguaglianze socio-economiche e così via. Inoltre, nei paesi in via di democratizzazione o di ri-democratizzazione le forze non-democratiche devono essere rassicurate e riconciliate ed è necessario fargli accettare l'idea non solo di abbandonare il potere, ma anche di non insistere nel pretendere il mantenimento di «domini riservati» di potere non-democratico all'interno del nuovo, e per gli altri versi democratico, regime. La democrazia consensuale, che è caratterizzata dalla condivisione, dalla limitazione e dalla dispersione del potere, ha molte più probabilità di raggiungere questo obiettivo che non il diretto dominio maggioritario. Come Philippe C. Schmitter ha suggerito, democrazia consensuale significa democrazia «difensiva», che per le minoranze etno-culturali e politiche risulta meno minacciosa dell' «aggres-sivo» governo maggioritario.Tratterò questo tema in tre fasi. In primo luogo definirò il presidenzialismo in riferimento a tre essenziali caratteristiche. In secondo luogo mostrerò che, specialmente come risultato della sua terza caratteristica, il presidenzialismo ha una forte tendenza a rendere la democrazia più maggioritaria. Infine, esaminerò le varie caratteristiche non-essenziali del presidenzialismo — caratteristiche che, benché presenti di frequente, non sono elementi distintivi della forma di governo presidenziale — ed il loro impatto sul grado di consensualità o maggioritarietà della democrazia.
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Louzao Villar, Joseba. „La Virgen y lo sagrado. La cultura aparicionista en la Europa contemporánea“. Vínculos de Historia. Revista del Departamento de Historia de la Universidad de Castilla-La Mancha, Nr. 8 (20.06.2019): 152. http://dx.doi.org/10.18239/vdh_2019.08.08.

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RESUMENLa historia del cristianismo no se entiende sin el complejo fenómeno mariano. El culto mariano ha afianzado la construcción de identidades colectivas, pero también individuales. La figura de la Virgen María estableció un modelo de conducta desde cada contexto histórico-cultural, remarcando especialmente los ideales de maternidad y virginidad. Dentro del imaginario católico, la Europa contemporánea ha estado marcada por la formación de una cultura aparicionista que se ha generadoa partir de diversas apariciones marianas que han establecido un canon y un marco de interpretación que ha alimentado las guerras culturales entre secularismo y catolicismo.PALABRAS CLAVE: catolicismo, Virgen María, cultura aparicionista, Lourdes, guerras culturales.ABSTRACTThe history of Christianity cannot be understood without the complex Marian phenomenon. Marian devotion has reinforced the construction of collective, but also of individual identities. The figure of the Virgin Mary established a model of conduct through each historical-cultural context, emphasizing in particular the ideals of maternity and virginity. Within the Catholic imaginary, contemporary Europe has been marked by the formation of an apparitionist culture generated by various Marian apparitions that have established a canon and a framework of interpretation that has fuelled the cultural wars between secularism and Catholicism.KEY WORDS: Catholicism, Virgin Mary, apparicionist culture, Lourdes, culture wars. BIBLIOGRAFÍAAlbert Llorca, M., “Les apparitions et leur histoire”, Archives de Sciences Sociales des religions, 116 (2001), pp. 53-66.Albert, J.-P. y Rozenberg G., “Des expériences du surnaturel”, Archives de Sciences Sociales des Religions, 145 (2009), pp. 9-14.Amanat A. y Bernhardsson, M. T. (eds.), Imagining the End. Visions of Apocalypsis from the Ancient Middle East to Modern America, London and New York, I. B. Tauris, 2002.Angelier, F. y Langlois, C. 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Dissertationen zum Thema "Guerre di religione francesi"

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Favalli, Alessandra. „Le rang et la dynastie : les Este à la recherche d'un équilibre politique dans l'espace italien et européen à l'époque des guerres de religion françaises (1559-1580)“. Electronic Thesis or Diss., Université Paris sciences et lettres, 2021. http://www.theses.fr/2021UPSLN005.

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L'objectif de cette thèse de doctorat est d'étudier la qualité et l'évolution des relations entre le duc de Ferrare, Alphonse II d'Este, et la couronne de France, à partir du rétablissement de la paix en 1559 entre les Valois et les Habsbourg avec le traité de Cateau-Cambrésis (2-3 avril 1559) et au cours des vingt années suivantes, jusqu’en 1580. Cependant il ne s'agit pas d'une analyse visant à approfondir les relations entre le pouvoir ducal de Ferrare et la monarchie française d'un point de vue strictement diplomatique. J'ai plutôt préféré étudier les liens entre le duc de Ferrare et le royaume des Valois à travers le réseau familial dont le premier disposait de l'autre côté des Alpes, grâce à l'alliance matrimoniale signée entre les Este et les Guise en 1548, et qui en 1559 existait encore et fonctionnait pleinement. À partir du cadre européen issu du traité de Cateau-Cambrésis, nous voudrions éclairer les espoirs, le niveau d'autonomie, les oscillations et les modes d'action que la maison d'Este a mis en œuvre face à la prépondérance espagnole par ses liens avec le Royaume de France. À une approche à l'échelle internationale, nous joignons l'étude des effets sur le système d'équilibre et de la concurrence entre les Cours italiennes à travers le fil rouge de la querelle pour la préséance entre Este et Médicis. À travers les relations des Este avec la Couronne de France, nous essayons d'analyser non seulement la relation entre ces deux entités et le pouvoir contractuel réel du duc de Ferrare, mais aussi les équilibres et les influences d'autres dynasties italienne, telles que les Savoie et les Médicis, dans le même contexte. Cela se reflète également dans les sources qui constituent le cadre documentaire de ma thèse, c'est à dire les correspondances des agents des Este dans le royaume de France en premier lieu, qui ont été croisée avec celle des envoyés des Savoie et des Médicis, et des ambassadeurs de la République de Venise et des nonces apostoliques, et avec les correspondances familiales. Enfin, il s'agit de déterminer le pouvoir de négociation et les marges d'initiative de la ligné des Este, maison ducale à la tête d'un État italiens indépendants mais liés par des liens féodaux à l'Empire et à la Papauté, face à la tutelle indirecte de l'Espagne et au désordre géopolitique produit par les Guerres de Religion françaises
The aim of this doctoral thesis is to study the quality and evolution of the relations between the Duke of Ferrara, Alfonso II d'Este, and the French crown, from the restoration of peace in 1559 between the Valois and the Habsburgs with the Treaty of Cateau-Cambrésis (2-3 April 1559) and during the following twenty years, until 1580. However, this is not an analysis aimed at deepening the relations between the ducal power of Ferrara and the French monarchy from a strictly diplomatic point of view. I have preferred to study the links between the Duke of Ferrara and the Valois kingdom through the family network that the former had on the other side of the Alps, thanks to the matrimonial alliance signed between the Este and the Guise in 1548, and which in 1559 still existed and was fully functional. From the European framework of the Treaty of Cateau-Cambrésis, we would like to shed light on the hopes, the level of autonomy, the oscillations, and the modes of action that the House of Este implemented in the face of Spanish preponderance through its links with the Kingdom of France. In addition to an international approach, we study the effects on the system of equilibrium and competition between the Italian courts through the red thread of the dispute for precedence between Este and Medici. Through the relations of the Este with the French Crown, we try to analyse not only the relationship between these two entities and the real contractual power of the Duke of Ferrara, but also the balances and influences of other Italian dynasties, such as the Savoy and the Medici, in the same context. This is also reflected in the sources that constitute the documentary framework of my thesis, i.e. the correspondence of the Este agents in the kingdom of France in the first place, which has been cross-referenced with that of the Savoy and Medici envoys, and of the ambassadors of the Republic of Venice and the apostolic nuncios, as well as with the family correspondences. Finally, it is a question of determining the negotiating power and the margins of initiative of the Este lineage, a ducal house at the head of an independent Italian state but linked by feudal ties to the Empire and the Papacy, in the face of the indirect tutelage of Spain and the geopolitical disorder produced by the French Wars of Religion
L’obiettivo di questa tesi di dottorato è quello di studiare la qualità e l’evoluzione delle relazioni che intercorsero tra il duca di Ferrara, Alfonso II d’Este, e la corona di Francia a partire dal ripristino della pace tra Valois e Asburgo con il trattato di Cateau-Cambrésis (2-3 aprile 1559) e nel corso dei vent’anni successivi, fino al 1580. Non si tratta, però, di un’analisi mirante ad approfondire le relazioni tra il ducato di Ferrara e la monarchia francese da un punto di vista strettamente diplomatico. Ho preferito, piuttosto, studiare i legami intercorrenti tra il duca di Ferrara e il regno dei Valois attraverso la rete familiare di cui il primo poteva disporre Oltralpe, grazie all’alleanza matrimoniale stretta tra gli Este e i Guise nel 1548, e che nel 1559 non solo esisteva ancora, ma era pienamente operativa. A partire dal quadro europeo sancito dal trattato di Cateau-Cambrésis, si sono tentante di chiarire le aspirazioni, il livello di autonomia, le oscillazioni e le modalità d’azione che caratterizzarono l’operato della casata degli Este alla luce dei suoi legami con il regno di Francia e dinanzi all’avanzare della preponderanza spagnola. A un approccio su scala internazionale, è stato incrociato uno studio degli effetti sul sistema di equilibrio e competizione esistente tra le corti principesche della penisola italiana, di cui la disputa per la precedenza tra Este e Medici, consumatasi anche alla corte dei Valois, fu uno dei più vividi esempi. Attraverso le relazioni degli Este con la corona di Francia, si è analizzata non solo le connessioni tra queste due entità e la consistenza del potere contrattuale reale del duca di Ferrara, ma anche gli equilibri e le influenze di altre dinastie italiane, come i Savoia e i Medici, nel medesimo conteso. Questo approccio si riflette anche sul corpus documentario su cui si è costruita la tesi, formato prevalentemente dalle corrispondenze degli agenti estensi nel regno di Francia, che sono state incrociate non solo con quelle degli ambasciatori sabaudi, medicei, veneziani e dei nunzi apostolici, ma anche con i carteggi familiari di origine estense e guisarda. Infine, si è trattato di determinare il potere di negoziazione e i margini di iniziativa della casata degli Este, lignaggio alla testa di uno Stato italiano indipendente ma legato da vincoli feudali tanto all’Impero quanto al Papato, dinanzi alla tutela indiretta esercitata dal regno di Spagna sulla penisola italiana e al disordine geopolitico prodotto dalle guerre di religione in Francia
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Lesti, Sante. „In hoc signo vinces : pratiche di consacrazione al Sacro Cuore in Italia e in Francia durante la Grande Guerra (1914-1919) : = pratiques de la consécration au Sacré Cœur en Italie et en France pendant la Grande Guerre“. Paris, EHESS, 2013. http://www.theses.fr/2013EHES0145.

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À partir de l'étude de l'un de ses tournants majeurs, la thèse propose une interprétation originale de relation entre catholicisme et nation à l'âge contemporaine. Jusqu'à présent, légitimation/sacralisation de la Grande Guerre par les Églises catholiques européennes a été interprétée par les historiens comme une sorte de concession. En désirant de sortir du ghetto dans lequel elles avaient été enfermées par les politiques de laïcisation mises en place par les États-nations du continent dans les décennies précédentes, ces Églises auraient pour ainsi dire oublié pour un instant leur pacifisme et leur internationalisme, selon un processus comparable à celui de la faillite, en [ ?] 1914, de la Deuxième internationale socialiste. Cependant, les cérémonies de consécration au Sacré Cœur mises en place en Italie et en France entre 1914-1919 montrent une toute autre adhésion. Pratiques de christianisation de la guerre et des nations qui y sont engagées, elles correspondent à une « action » de reconquête symbolique plutôt qu'à une concession, nous imposant par conséquent repenser l'adhésion des catholiques français et italiens à la Grande Guerre en termes d'« hégémonie ». Essais d'« histoire croisée », cette thèse ne se penche pas seulement sur les rites (ainsi que les « rêves » qui y sont plus ou moins cachés) des catholiques français et italiens, mais aussi sur la réaction des autorités politiques et militaires de la République et du Règne, non moins que sur l'opinion anticléricale. Pour ce faire, plusieurs sources ont été croisées : sources ecclésiastiques (françaises et italiennes non moins que romaines), sources publiques, sources d'archives et sources imprimées
The thesis offers, by the analysis of one of its crucial moments, an original interpretation of the relationship between Catholicism and Nation. Until now, historians have interpreted the legitimization/sanctification of the Great War by the European Catholic churches as a form of yielding, or concession. Anxious to demonstrate their 'patriotism' (and hence escape decades of exclusion from European lay politics), they conveniently forgot their pacifism just as they did their internationalism, as happened in the case of the summer 1914 collapse of the Second International. However, a very different picture of how the Catholic churches adhered to the Great War emerges from an analysis of the acts of consecration to the Sacred Heart. Practices of the Christianising of war and the Nations involved in fighting it speak not of concession but rather of 'action' (John L. Austin), of a symbolic reconquering, consequently suggesting that we reconsider the relationship between Catholicism and Nation, and also the integration of Catholics within the Nation-State in Italy and France in terms of 'hegemony'. A study in both histoire croisée and comparative history; this thesis not only encompasses the rituals (and the 'dreams') of French and Italian Catholics, but also the reactions of the Kingdom of Italy and the French Republic, in addition to anticlerical opinion. It aims to grasp the glances thrown between each of these 'actors', and also my own 'observer's gaze' - with its own specific cultural background and way of relating to the 'actors' I study
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Miglietti, Sara Olivia. „La Methodus ad facilem historiarum cognitionem di Jean Bodin : Edizione critica, traduzione e studio delle varianti d'autore (1566-1572)“. Thesis, Paris 5, 2012. http://www.theses.fr/2012PA05H019.

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On trouvera dans cette thèse une édition critique, une traduction italienne et une étude introductive à la Methodus ad facilem historiarum cognitionem du juriste français Jean Bodin (1530-1596), mieux connu pour être l'auteur des Six livres de la République (1576), vrai chef d'oeuvre de la pensée politique du XVI siècle. Publiée d'abord à Paris en 1566, pour être ensuite reprise, corrigée et augmentée par son auteur et publiée une seconde fois chez le même éditeur en 1572, la Methodus rémonte à une phase cruciale et fascinante de la pensée bodinienne, toujours en pleine évolution. Rien de la République qui va paraître quelques ans plus tard n'est encore donné ici, et pourtant on peut déjà très bien voir l'itinéraire intellectuel qui mène Bodin du constitutionnalisme de sa jeunesse (idée d'une monarchie temperée et limitée) vers cette théorie de la souveraineté absolue qu'il formule pour la première fois en 1576, et qui marquera un tournant décisif pour la pensée politique des siècles suivants. Cette édition, grâce à un travail systématique d'identification des variantes et des ajouts introduits par l'auteur à l'occasion de la deuxième édition parisienne (1572), permet pour la première fois de mettre en place une étude évolutive de la pensée bodinienne au cours de cette décennie cruciale 1566-1576, de remettre certaines idées politiques de Bodin dans leur contexte, de formuler de nouvelles hypothèses autour de leur genèse, et de mieux saisir enfin différences et analogies entre la Methodus et la République. Dans l'étude introductive, où l'on souligne avec force l'unité d'inspiration de la Methodus et son originalité par rapport à la République, on propose également une nouvelle interprétation de la “naissance de l'absolutisme” bodinien: à l'appui des variantes de 1572, on cherche à montrer qu'aucun “tournant absolutiste” n'eut lieu chez Bodin à la suite de la Sainte-Barthélémy, puisque l'évolution de la pensée bodinienne dans un sens anti-constitutionnaliste était déjà en cours bien avant cette date, pour des raisons qui ont moins à voir avec le contexte historico-politique (certes troublé) de la France des années 1570, qu'avec un souci d'exactitude et de cohérence théorique très aigu chez cet auteur
This dissertation consists of a critical edition, Italian translation and introductory essay to Jean Bodin's Methodus ad facilem historiarum cognitionem. Jean Bodin (1530-1596) is best known as the author of the Six livres de la République (1576), a true masterpiece of sixteenth-century political thought. First published in Paris in 1566, the Methodus was then reworked, revised and augmented by Bodin, and printed again by the same editor in 1572. The Methodus belongs to a crucial and fascinanting period of Bodin's thought, which was then still largely evolving. The République is still a long way to come, and yet one can already spot in the Methodus a few hints of Bodin's ongoing journey from constitutionnalism (basically, the idea of a monarchy limited by a range of checks and balances) to absolute sovereignty – a concept that Bodin formulates for the first time in 1576, and that represents a crucial step in modern political theory. This edition results from systematic comparisons between the first two French editions (1566, 1572), the only ones directly supervised by the author himself. All of the variants and additions which Bodin made in view of the second edition of 1572 have been carefully identified, shown in the critical apparatus, and thoroughly discussed. Thanks to this fresh textual material, it will now be possible to study the evolution of Bodin's thought more closely across this crucial decade, 1566-1576; it will also be possible to recontextualise Bodin's political ideas, to formulate new hypothesis concerning their genesis, and hopefully to better grasp differences and analogies between the Methodus and the République. In the introductory essay, a few points are made to argue in favour of the internal unity of the Methodus and its relative autonomy vis-à-vis the République. Then, using abundant evidence yielded by the variants and additions of 1572, it is argued that, contrarily to what many believe, there was nothing like an “absolutist turn” in Bodin's thought, and that Bodin's drifting away from constitutionnalism towards “absolute sovereignty” should not be too rigidly connected with St Bartholomew's massacre and with the consequent polemics against the monarchomaques. As far as Bodin is concerned, indeed, his intellectual evolution had taken an anti-constitutionnalist direction well before August 1572, for reasons which seem to owe less to the political context of 1570's France, than to a concern for conceptual exactness and consistency which is in fact quite typical of this author
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Miglietti, Sara Olivia. „La Methodus ad facilem historiarum cognitionem di Jean Bodin : Edizione critica, traduzione e studio delle varianti d'autore (1566-1572)“. Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2012. http://hdl.handle.net/11384/86124.

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On trouvera dans cette thèse une édition critique, une traduction italienne et une étude introductive à la Methodus ad facilem historiarum cognitionem du juriste français Jean Bodin (1530-1596), mieux connu pour être l'auteur des Six livres de la République (1576), vrai chef d'oeuvre de la pensée politique du XVI siècle. Publiée d'abord à Paris en 1566, pour être ensuite reprise, corrigée et augmentée par son auteur et publiée une seconde fois chez le même éditeur en 1572, la Methodus rémonte à une phase cruciale et fascinante de la pensée bodinienne, toujours en pleine évolution. Rien de la République qui va paraître quelques ans plus tard n'est encore donné ici, et pourtant on peut déjà très bien voir l'itinéraire intellectuel qui mène Bodin du constitutionnalisme de sa jeunesse (idée d'une monarchie temperée et limitée) vers cette théorie de la souveraineté absolue qu'il formule pour la première fois en 1576, et qui marquera un tournant décisif pour la pensée politique des siècles suivants. Cette édition, grâce à un travail systématique d'identification des variantes et des ajouts introduits par l'auteur à l'occasion de la deuxième édition parisienne (1572), permet pour la première fois de mettre en place une étude évolutive de la pensée bodinienne au cours de cette décennie cruciale 1566-1576, de remettre certaines idées politiques de Bodin dans leur contexte, de formuler de nouvelles hypothèses autour de leur genèse, et de mieux saisir enfin différences et analogies entre la Methodus et la République. Dans l'étude introductive, où l'on souligne avec force l'unité d'inspiration de la Methodus et son originalité par rapport à la République, on propose également une nouvelle interprétation de la “naissance de l'absolutisme” bodinien: à l'appui des variantes de 1572, on cherche à montrer qu'aucun “tournant absolutiste” n'eut lieu chez Bodin à la suite de la Sainte-Barthélémy, puisque l'évolution de la pensée bodinienne dans un sens anti-constitutionnaliste était déjà en cours bien avant cette date, pour des raisons qui ont moins à voir avec le contexte historico-politique (certes troublé) de la France des années 1570, qu'avec un souci d'exactitude et de cohérence théorique très aigu chez cet auteur
This dissertation consists of a critical edition, Italian translation and introductory essay to Jean Bodin's Methodus ad facilem historiarum cognitionem. Jean Bodin (1530-1596) is best known as the author of the Six livres de la République (1576), a true masterpiece of sixteenth-century political thought. First published in Paris in 1566, the Methodus was then reworked, revised and augmented by Bodin, and printed again by the same editor in 1572. The Methodus belongs to a crucial and fascinanting period of Bodin's thought, which was then still largely evolving. The République is still a long way to come, and yet one can already spot in the Methodus a few hints of Bodin's ongoing journey from constitutionnalism (basically, the idea of a monarchy limited by a range of checks and balances) to absolute sovereignty – a concept that Bodin formulates for the first time in 1576, and that represents a crucial step in modern political theory. This edition results from systematic comparisons between the first two French editions (1566, 1572), the only ones directly supervised by the author himself. All of the variants and additions which Bodin made in view of the second edition of 1572 have been carefully identified, shown in the critical apparatus, and thoroughly discussed. Thanks to this fresh textual material, it will now be possible to study the evolution of Bodin's thought more closely across this crucial decade, 1566-1576; it will also be possible to recontextualise Bodin's political ideas, to formulate new hypothesis concerning their genesis, and hopefully to better grasp differences and analogies between the Methodus and the République. In the introductory essay, a few points are made to argue in favour of the internal unity of the Methodus and its relative autonomy vis-à-vis the République. Then, using abundant evidence yielded by the variants and additions of 1572, it is argued that, contrarily to what many believe, there was nothing like an “absolutist turn” in Bodin's thought, and that Bodin's drifting away from constitutionnalism towards “absolute sovereignty” should not be too rigidly connected with St Bartholomew's massacre and with the consequent polemics against the monarchomaques. As far as Bodin is concerned, indeed, his intellectual evolution had taken an anti-constitutionnalist direction well before August 1572, for reasons which seem to owe less to the political context of 1570's France, than to a concern for conceptual exactness and consistency which is in fact quite typical of this author
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ABBIATI, MICHELE. „L'ESERCITO ITALIANO E LA CONQUISTA DELLA CATALOGNA (1808-1811).UNO STUDIO DI MILITARY EFFECTIVENESS NELL'EUROPA NAPOLEONICA“. Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2017. http://hdl.handle.net/2434/491761.

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L’esercito italiano e la conquista della Catalogna (1808-1811) Uno studio di Military Effectiveness nell’Europa napoleonica Settori scientifico-disciplinari SPS/03 – M-STO/02 La ricerca ha lo scopo di ricostruire e valutare l’effettività militare dell’esercito italiano al servizio di Napoleone I. In primo luogo attraverso un’analisi statistica e strategica della costruzione, e del successivo impiego, dell’istituzione militare del Regno d’Italia durante gli anni della sua esistenza (1805-14); successivamente, è stato scelto un caso di studi particolarmente significativo, come la campagna di Catalogna (1808-11, nel contesto della guerra di Indipendenza spagnola), per poter valutare il contributo operazionale e tattico dei corpi inviati dal governo di Milano e la loro integrazione con l’apparato militare complessivo del Primo Impero. La tesi ha voluto rispondere alla mancanza di studi sul comportamento in guerra dell’esercito italiano e, allo stesso tempo, introdurre nella storiografia militare italiana la metodologia di studi, d’origine anglosassone e ormai di tradizione trentennale, di Military Effectiveness. La ricerca si è primariamente basata, oltre che sulla copiosa memorialistica a stampa italiana e francese, sulla documentazione d’archivio della Secrétairerie d’état impériale (Archives Nationales di Pierrefitte-sur-Seine, Parigi), del Ministère de la Guerre francese (Service historique de la Défence, di Vincennes, Parigi) e del Ministero della Guerra del Regno d’Italia (Archivio di Stato di Milano). Dal punto di vista dei risultati è stato possibile verificare come l’esercito italiano abbia rappresentato, per Bonaparte, uno strumento duttile e di facile impiego, pur in un contesto di sostanziale marginalità numerica complessiva di fronte alle altre (e cospicue) forze messe in campo da parte dell’Impero e dei suoi altri Stati satellite e alleati. Per quanto riguarda la campagna di conquista della Catalogna è stato invece possibile appurare il fondamentale contributo dato dal contingente italiano, sotto i punti di vista operazionale e tattico, per la buona riuscita dell’invasione; questo primariamente grazie alle elevate caratteristiche generali mostrate dallo stesso, ma anche per peculiarità disciplinari e organizzative che resero i corpi italiani adatti a operazioni particolarmente aggressive.
The Italian Army and the Conquest of Catalonia (1808-1811) A Study of Military Effectiveness in Napoleonic Europe Academic Fields and Disciplines SPS/03 – M-STO/02 The research has the purpose of reconstruct and evaluate the military effectiveness of the Italian Army existed under the reign of Napoleon I. Firstly through a statistic and strategic analysis of the development, and the following deployment, of the military institution of the Kingdom of Italy in the years of its existence (1805-14). Afterwards, a particularly significant case study was chosen, as the campaign of Catalonia (1808-11, in the context of the Peninsular War), in order to assess the operational and tactical contribution of the regiments sent by the Government of Milan and their integration in the overall military apparatus of the First Empire. The thesis wanted to respond to the lack of studies on the Italian army’s behavior in war and, at the same time, to introduce the methodology of the Military Effectiveness Studies (of British and American origin and, by now, enriched by a thirty-year old tradition) in the Italian historiography. The research is primarily based, besides the numerous memoirs of the Italian and French veterans, on the archive documentation of the Secrétairerie d’état impériale (Archives Nationales of Pierrefitte-sur-Seine, Paris), of the French Ministère de la Guerre (Service historique de la Défence, of Vincennes, Paris) and of the Italian Ministero della Guerra (Archivio di Stato di Milano). About the results, it has been verified how the Italian army has become a flexible and suitable instrument for Bonaparte, albeit in a context of substantial overall numerical marginality in comparison to the heterogeneous forces available to the Empire and its others satellites and allied states. Regarding the campaign of Catalonia, instead, it was possible to ascertain the fundamental contribution of the Italian regiments, in an operational and tactical perspective, for the success of the invasion. This was primarily due to the excellent general characteristics shown by the expeditionary force, but also to disciplinary and organizational peculiarities that have made the Italian corps suitable for particularly aggressive operations.
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Bücher zum Thema "Guerre di religione francesi"

1

Le guerre di religione nel Cinquecento. Roma: Laterza, 2007.

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2

Giornata gentiliana (2nd 1987 San Ginesio, Italy). Alberico Gentili, politica e religione: Nell'età delle guerre di religione. Milano: A. Giuffrè, 2002.

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3

Guerre di religione e propaganda, 1350-1650 (Conference) (2020 Florence, Italy). Guerre di religione e propaganda: 1350-1650. Roma: Tab, 2020.

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4

editor, Civale Gianclaudio, Hrsg. Predicazione, eserciti e violenza nell'Europa delle guerre di religione (1560-1715). Torino: Claudiana, 2014.

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5

Diego, Panizza, Hrsg. Alberico Gentili: Politica e religione nell'età delle guerre di religione : atti del Convegno, seconda Giornata gentiliana, San Ginesio, 17 maggio 1987. Milano: A. Giuffrè, 2002.

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6

Società universitaria per gli studi di lingua e letteratura francese. Convegno. Gli studi francesi in Italia tra le due guerre: Atti del XIV Convegno della Società universitaria per gli studi di lingua e letteratura francese, Urbino 15-17 maggio 1986. Urbino: QuattroVenti, 1987.

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7

Bracciolini, Jacopo. Novella Della Pulzella Di Francia, Dove Si Racconta l'origine Delle Guerre Fra I Francesi e gli Inglesi. Creative Media Partners, LLC, 2022.

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8

Bracciolini, Jacopo. Novella Della Pulzella Di Francia, Dove Si Racconta l'origine Delle Guerre Fra I Francesi e gli Inglesi. Creative Media Partners, LLC, 2022.

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Buchteile zum Thema "Guerre di religione francesi"

1

Occhipinti, Carmelo. „La storia dell'architettura e le guerre di religione nella Francia del Cinquecento“. In Études Renaissantes, 55–65. Turnhout: Brepols Publishers, 2016. http://dx.doi.org/10.1484/m.er-eb.4.00345.

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