Auswahl der wissenschaftlichen Literatur zum Thema „Cattedrale di San Vigilio“

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Zeitschriftenartikel zum Thema "Cattedrale di San Vigilio"

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Norman, Diana. „A place of pilgrimage: a proposal for the original location of the Arca of Saint Cerbone“. Papers of the British School at Rome 69 (November 2001): 191–221. http://dx.doi.org/10.1017/s006824620000180x.

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UN LUOGO DI PELLEGRINAGGIO: UNA PROPOSTA PER LA POSIZIONE ORIGINARIA DELL'ARCA DI SAN CERBONELa sepoltura e la commemorazione dei santi nell'Italia tardomedievale è al momento al centro dell'attenzione degli storici dell'arte. L'Arca di San Cerbone, eseguita nel 1324 dallo scultore senese Goro di Gregorio, è un esempio importante di tali monumenti funebri commemorativi. Nonostante l'Arca si trovi attualmente nel coro di inizio Trecento della cattedrale di Massa Marittima, fino agli anni '50 era collocata sotto l'altare maggiore della cattedrale, posizione per la quale si riteneva fosse stata specificamente eseguita. L'articolo mette in discussione quest'opinione comune. Nel ripercorrere le vicende costruttive del monumento funebre e delle venerate reliquie di San Cerbone, l'articolo dimostra che la collocazione dell'Area al di sotto delPaltare maggiore awenne probabilmente solo negli anni '80 del quindicesimo secolo. L'analisi più dettagliata della stessa Area, insieme a quella della cattedrale e della sua storia costruttiva, indicano che l'Arca era in origine un monumento isolato, situato nella navata settentrionale della cattedrale. Tale posizione avrebbe permesso un piu facile accesso all'imponente monumento funebre da parte dei pellegrini e dei devoti di San Cerbone, e avrebbe inoltre facilitato la comprensione e l'apprezzamento del sofisticato programma di immagini scolpite sull'Arca.
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Belcari, Riccardo. „Il vescovo Florentinus e la cattedrale di San Secondiano a Chiusi“. Hortus Artium Medievalium 13, Nr. 1 (Januar 2007): 25–38. http://dx.doi.org/10.1484/j.ham.2.305392.

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3

Bucchiarone, Antonio, Jordi Cabot, Richard F. Paige und Alfonso Pierantonio. „Grand challenges in model-driven engineering: an analysis of the state of the research“. Software and Systems Modeling 19, Nr. 1 (Januar 2020): 5–13. http://dx.doi.org/10.1007/s10270-019-00773-6.

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AbstractIn 2017 and 2018, two events were held—in Marburg, Germany, and San Vigilio di Marebbe, Italy, respectively—focusing on an analysis of the state of research, state of practice, and state of the art in model-driven engineering (MDE). The events brought together experts from industry, academia, and the open-source community to assess what has changed in research in MDE over the last 10 years, what challenges remain, and what new challenges have arisen. This article reports on the results of those meetings, and presents a set of grand challenges that emerged from discussions and synthesis. These challenges could lead to research initiatives for the community going forward.
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4

Ferrari, Jessica. „Architravi scolpiti del XII secolo a Piacenza“. Fenestella. Dentro l'arte medievale 2 (28.12.2021): 67–92. http://dx.doi.org/10.54103/fenestella/16463.

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Il saggio è dedicato all’analisi stilistica e iconografica di alcuni architravi scolpiti che ornano i portali delle chiese di Piacenza, una delle località più vivaci nel panorama artistico nord-italiano del XII secolo. L’eredità delle opere realizzate per la cattedrale cittadina dalla bottega di Nicholaus riecheggia nei rilievi delle chiese di San Matteo, Sant’Ilario e dell’inedito portale di Santo Stefano. Attraverso lo studio delle testimonianze storiche superstiti, il confronto con opere del medesimo periodo e contesto e una rinnovata attenzione per i contenuti iconografici, l’intento del saggio è quello di dimostrare la portata simbolica delle raffigurazioni ospitate sugli architravi. Un’attenzione particolare è riservata alla inusuale iconografia dell’Incredulità di san Tommaso presente sul portale della chiesa di Sant’Ilario. Il tentativo di rilettura delle iscrizioni e l’inquadramento di tale opera nel contesto socio-culturale della Piacenza di tardo XII secolo permette di formulare nuove ipotesi sulla connessione tra scelte iconografiche, istanze di rinnovamento spirituale della società e rituali liturgici, sottesa alla realizzazione di sculture che ornano significativamente le porte di accesso ai luoghi sacri, vie di salvezza per i fedeli penitenti.
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Calzona, Arturo. „Contese tra reliquie: l’arca di Abdon e Sennen nel ‘paradiso’ della cattedrale di Parma e quella di San Donnino a Fidenza“. Hortus Artium Medievalium 27 (Mai 2021): 323–34. http://dx.doi.org/10.1484/j.ham.5.131684.

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6

di Gennaro, Francesco, Orlando Cerasuolo, Cecilia Colonna, Ulla Rajala, Simon Stoddart und Nicholas Whitehead. „Recent Research on the City and Territory of Nepi (VT)“. Papers of the British School at Rome 70 (November 2002): 29–77. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200002105.

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NUOVE RICERCHE SULLA CITTÀ E IL TERRITORIO DI NEPI (VT)In questo articolo si rendono noti i risultati dei lavori nella città e nel territorio di Nepi (VT). Vengono dati un resoconto ccmpleto dei reperti di superficie rinvenuti da Torre Stoppa e da Il Pizzo, datati all'età del bronzo, e la relazione finale del piccolo scavo vicino San Tolomeo, dentro la stessa città, che ha riportaio alia luce un mosaico di prima eta imperiale. Vengono inoltre presentate altre due relazioni in forma preliminare. La prima fornisce uno schema della sequenza stratigrafica dello scavo dell'area compresa tra il palazzo vescovile e la cattedrale di Nepi, una serie di stratificazioni che va dal settimo secolo a.C. fino al periodo moderno, con un resoconto più accurato del deposito del quinto—quarto secolo. Viene inoltre fornita una relazione preliminare delle recenti indagini sistematiche del territorio di Nepi. In conclusione viene presentato un modello per lo sviluppo del territorio e della topografla della città di Nepi dall'età del bronzo fino al periodo tardo romano.
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Coden, Fabio. „La chiesa canonicale di San Giorgio (Sant'Elena) nel complesso della cattedrale di Verona: qualche riflessione sulla fabbrica Carolingia e sulle trasformazioni di epoca romanica“. Hortus Artium Medievalium 25, Nr. 2 (Mai 2019): 348–59. http://dx.doi.org/10.1484/j.ham.5.118061.

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8

Marra, Claudia. „I patriarchi di Venezia e l’architettura: La cattedrale di San Pietro di Castello nel Rinascimento. Gianmario Guidarelli. Saggi IUAV: Collana di Ateneo 5. Padua: Il Poligrafo, 2015. 294 pp. €25.“ Renaissance Quarterly 69, Nr. 4 (2016): 1452–54. http://dx.doi.org/10.1086/690344.

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Southard, Edna Carter. „La chiesa di San Vigilio a Siena: Storie e arte; Dalle origini monastiche allo splendore dell'età barocca. Alessandro Angelini and Michele Pellegrini, eds. Studi sulle abbazie storiche e ordini religiosi della Toscana 1. Florence: Olschki, 2018. xvi + 278 pp. + 16 color pls. €35.“ Renaissance Quarterly 73, Nr. 3 (2020): 1008–9. http://dx.doi.org/10.1017/rqx.2020.134.

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Ragozzi, Veronica. „Domenico d’Agostino e un’ipotesi di ricostruzione del monumento funebre del vescovo Angelo Del Pecora nella cattedrale di Montepulciano“. La Diana, 22.04.2024. http://dx.doi.org/10.36253/ladiana-2734.

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L’articolo intende affrontare la complessa vicenda storico artistica dei disiecta membra del monumento funebre trecentesco collocato nel Duomo di Montepulciano da sempre ricondotto incongruamente alla figura del vescovo e umanista Francesco Piendibeni (1353-1433). In questa sede si è cercato di argomentare lo stretto legame stilistico tra il gisant, inserito nella controfacciata della cattedrale, e le due statue del San Pietro e del San Giovanni Battista posizionate nella cappella Cocconi della medesima chiesa, nonché l’appartenenza delle tre opere alla bottega dello scultore senese Domenico d’Agostino. In seconda battuta, è stata proposta l’identificazione del gisant con la figura di Angelo Del Pecora, membro di una ricca famiglia poliziana e vescovo di Chiusi, vissuto nella prima metà del Trecento. Successivamente si è tentata una ricostruzione dell’interno dell’antica pieve di Montepulciano e si sono ipotizzate sia la posizione del monumento funebre all’interno della chiesa sia la sua struttura architettonica. Infine si sono provati a ricostruire gli spostamenti delle due statue e soprattutto del gisant, determinanti per comprendere le ragioni della confusione tra le identità dei due vescovi.
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Dissertationen zum Thema "Cattedrale di San Vigilio"

1

Mason, Mara <1969&gt. „I mosaici parietali della cattedrale di San Giusto a Trieste“. Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2004. http://hdl.handle.net/10579/108.

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Parte determinante della ricerca sui mosaici della Cattedrale di Trieste è stato l'approccio archeologico-filologico verso le componenti materiali dell'opera: nel 2001, grazie all'apprestamento di un ponteggio, ho potuto fare un dettagliato rilievo fotografico e fotogrammetrico del mosaico, e analizzare direttamente la superficie musiva per acquisire sia dati relativi alle vicende subite, ovvero perdite, restauri e integrazioni, sia elementi utili alla definizione della cultura materiale della maestranza bizantina e alla comprensione della sua organizzazione interna. Quanto rilevato ha costituito un bagaglio informativo di fondamentale importanza per la comprensione delle dinamiche interne delle maestranze tergestine e dei loro rapporti con l'arte bizantina e i cicli altoadriatici coevi, grazie anche alla possibilità di esaminare in dettaglio le peculiarità delle opere di confronto ora accedendovi direttamente, ora usufruendo del copioso e importante materiale sui mosaici bizantini conservato presso l'archivio fotografico di Dumabrton Oaks a Washington, D.C. A seguito dei confronti sono emersi alcuni dati importanti relativi sia le vicende conservative del mosaico tergestino, sia la contestualizzazione cronologico-culturale degli stessi. In particolare ho individuato nell'abside del Ss. Sacramento rifacimenti non documentati che, in base alla tipologia dei materiali vitrei, sembrano ascrivibili alla seconda metà del XII secolo. Mentre il riconoscimento di medesimi materiali, metodi di taglio e posa delle tessere, e procedimenti stilistico-formali nei mosaici di entrambe le absidi tergestine, dimostra una volta per tutte che la loro collocazione cronologico-culturale eè la medesima. Anzi, contrariamente all'opinione prevalente, i mosaici del sacello parrebbero precedere quelli dell'abside del Ss. Sacramento. Analogie simili sono state riscontrate anche con i primi mosaici lagunari, tanto che in alcuni casi si può presupporre la migrazione di mosaicisti da quei cantieri a quello tergestino. Inoltre, il riscontro di vetri analoghi a quelli tergestini (tipicissimi) nei mosaici del frammento della deposizione e dell'abside maggiore di San Marco, stringe l'ambito cronologico della loro esecuzione ad un periodo di tempo abbastanza ristretto. Al contrario, i mosaici dell'Umana (1112), termine di paragone sempre valido ma pure abusato, sono, per tipologia di materali e modi esecutivi, più tardi e sembrano costiuire gli epigoni di quelle vicende artistiche. L'analisi paleografica delle principali epigrafi in area altoadriatica di XI e XII secolo sembrano confermare tali relazioni e cronologia relativa. L'ambito storico culturale in cui viene a cadere l'esecuzione dei mosaici tergestini, è sicuramente significativo per valutare i termini della loro commissione e per stringerne ulteriormente la datazione. Nel corso dell'XI e XII secolo i vescovi tergestini appartenevano alla nobiltà e all'alto clero tedesco (come consueto nei territori a quel tempo parte dell'impero) e costituivano un'emanazione ed espressione del potere imperiale. Probabilmente dunque le azioni e le relazioni da loro intraprese sono da valutare nel contesto più ampio di una politica fedele all'impero e comune ai maggiori esponenti delle principali sedi vescovili parti del Regnum, in primis Aquileia e Ravenna. Ravenna in particolare, imperiale «per vocazione» (era sede di un importante palazzo imperiale fatto costruire da Ottone I), assurge a simbolo di questa unità e fedeltà all'impero: in questo senso pare corretto infatti dover leggere la puntuale citazione di motivi desunti dagli antichi mosaici ravennati non solo - come più ovvio - nell'Ursiana, ma anche nei mosaici tergestini e nella basilica patriarcale di Aquileia. Alla luce di questo, l'accesso a maestranze bizantine presenti a Venezia potrebbe essere dipeso da una politica di cordiali relazioni e di scambi diplomatici tra Venezia e l'Impero. In particolare queste circostanze favoreli potrebbero essersi verifìcate nell'ultima decade dell'XI secolo, a seguito dei comuni interessi politici in funzione antipapale e antinormanna, e delle personali relazioni di amicizia tra Enrico IV e il doge Vitale Falier. L'anticipazione della datazione dei mosaici tergestini alla fine dell'XI secolo ha risvolti significativi nella valutazione degli sviluppi dell'arte bizantina: ascrivibili ad uno sviluppo successivo dei celebri mosaici di Daphnì, i mosaici di Trieste costituirebbero un documento fondamentale per la ricostruzione di parte del frammentatissimo panorama artistico della pittura Since it was first conceived, my research project on the mosaics of the Cathedral of Trieste (Ss. Sacramento apse and San Giusto apse) has focused on an archeological analysis of the mosaic surface: in 2001, I carried out detailed photographic and photogrammetric surveys, and close in situ examinations of the mosaics from scaffoldings. This was essential in order to evaluate the vicissitudes, the repairs and the changes undergone by the mosaics over the centuries, and the intrinsic elements of the material culture of the workshop (materials, techniques, methods, employmente ofpatrones, division of hands, «language»). The comparison of my findings with the almost contemporary byzantine and Altoadriatic mosaics (examined directly or, whenever impossible, through the copious material on Byzantine mosaics gathered during the Dumbarton Oaks fieldworks for the Corpus for Wall Mosaics from Venice and North Adriatic Area, in D.O. Research Lib., Washington, D.C.) has proven invaluable for an understanding of the internal and external dynamics of the San Giusto Cathedral mosaics. First, I detected and indeed dated an earlier, non-documented restoration of the mosaic: researching in archives, I found no way to attribute this to previously documented repair work; however, the same characteristics can be recognised on the Venetian mosaics of the second half of the XII century. Furthermore, similarities of the mosaics in terms of procedures, cutting / setting methods and of typology of glass tesserae prove once for all that both the ancient apses of Cathedral of Trieste are aproximately contemporary (and probably the San Giusto apse precedes the Ss. Sacramento apse!). Same similarities are with some of the first mosaics of the lagoon, such that we must posit a direct relationship between the original workshop of the San Giusto Cathedral and the Venetian ones (probable involvement of the same craftsman or craftsmen). In particular glass reveals such close connections with the mosaics of the Depositio fragment and the main apse of San Marco in Venice that their dates cannot be far apart. On the contrary, the fragments of the basilica Ursiana in Ravenna ­the only dated mosaics (1112) - are probably the last ones of this «group». The paleographical analysis confirms these relationship and cronology. The history of the mosaics of San Giusto Cathedral cannot be correctly understood from the historical background of the bishopric of Trieste, and the relationship of the bishopric itself with the patriarcal see of Aquileia (to which it was subjected), the Western Emperor and Venice. From XI to XII century, the bishops of the city were ever German clerics. They represented the local expression of the imperial power, and their activities and relationship must be read under the sign of a common loyalty to the German Emperor. From the point of view of the artistic commissions, the common exibition of ornamental motifs drawn from the ancient mosaics of Ravenna (imperial city from antiquity, and see of an important imperial palace built up by Ottone I) in some of the bishopric see of Aquileia, Ravenna and Trieste (both the mosaics of the Cathedral display abundantly such motifs), could have the same reason: the employment of a common «vocabulary» (and same or linked workshops) was the demonstration of their tie and of common origins, a Christian imperial antiquity. In this way, the acquisition of byzantine workshops from Venice could be due to diplomatic exchanges between the Western Empire and Venice. The last decade of the XI century could have been the most favourable period for such exchanges, when the agreement between the Empire and Venice was favoured by common political interests against the Papacy and Normans, as well as by the personal and friendly relationship between Henry IV and the Doge Vitale Falier. The early date of the mosaics of Trieste could have important implications on the evaluation of the byzantine art of comnenian period: their style can be ascribed to a development of the Comnenian art after Daphni's mosaics, and for this reason they would constitute an essential document in the extremely fragmented reconstruction of part of the artistic scene of the Comnenian painting from the end of the XI century to the the first decades of the XII.
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Zuppella, Giulia. „Le capriate lignee della cattedrale di San Pietro a Bologna. Applicazione della modellazione parametrica per la valutazione e l’interpretazione dei movimenti e degli stati di deformazione“. Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018.

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La presente tesi si colloca all’interno di un collaudato percorso di ricerca, il cui obiettivo è l’analisi delle coperture lignee, in particolare delle capriate storiche, poiché il comportamento di queste strutture è stato indagato solamente in pochi elaborati. Tale lavoro si pone quindi come obiettivo la rielaborazione dei precedenti protocolli, al fine di valutare lo stato attuale del caso studio, la cattedrale della città di Bologna, la chiesa di San Pietro. La base fondamentale è costituita dal rilievo tridimensionale, effettuato tramite laser scanner, della struttura, ovvero del sottotetto completo dell’edificio. L’output consiste quindi in una nuvola di punti e rappresenta il primo passo per la ricostruzione del cosiddetto “modello di rilievo”. Tramite l’utilizzo di software di gestione della nuvola completa, è possibile estrarre le capriate che si desidera andare ad esaminare e da esse le curve che rappresentano le sezioni degli elementi che formano la capriata medesima: nel presente lavoro, si va ad intervenire su questa fase del protocollo, in modo da eliminare quanto più possibile le arbitrarietà connesse alle scelte dell’operatore, meccanizzando il passaggio di creazione delle sezioni. È quindi possibile creare un algoritmo che consenta di ottenere il modello delle capriate allo stato attuale, ovvero il “modello di rilievo”. Nelle fasi successive, implementando l’algoritmo iniziale, è possibile generare un ulteriore modello, che ricrei un ipotetico stato iniziale della capriata. È il cosiddetto “modello rettificato”. Il confronto finale tra i due modelli generati e la nuvola di punti iniziale consente di analizzare in maniera approfondita ed esauriente le deformazioni subite dagli elementi della capriata nel corso del tempo. È inoltre possibile, sulla base di tali analisi, formulare una valutazione attendibile dello stato di conservazione della struttura e, conseguentemente, prevedere e progettare eventuali interventi di recupero o rinforzo strutturale.
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Comparin, Chiara. „Antonio Gualtieri (Monselice 1574-1661) Opere sacre e profane“. Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424288.

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This doctoral thesis focuses on Antonio Gualtieri and his work (1574-1661). Gualtieri was a "musices magister" in San Daniele del Friuli and then in Monselice, Montagnana and Venice. After rebuilding the biography of the composer based on a systematic archival research, I transcribed in modern critical edition the corpus of his works. His entire works, as transmitted to us, are either complete or partly preserved. The critical edition is based on the identification of the sources and is accompanied by a series of analytical cards with information on the texts, music and literature. The musical intonations are transcribed in score according to current criteria: variants, omissions and changes are reported in the critical apparatus. The production of Antonio Gualtieri is fully embedded in the cultural climate of the early seventeenth century. Starting from the polychoral motets, where the influence of the prevailing masters of Padua is clear, the sacred production moves to a more modern elaborated style represented by motets of few voices and basso continuo, some of which are enriched by instruments like the violin and the trombone. Within the profane ambitus, the production of Gualtieri ranges from the simple and light song-genre (canzonetta) to the more challenging madrigals, whose hallmark remains the strong adhesion of the music to the text. The overall outcome is particularly significant because it permits us to identify the modus operandi of a composer who, trained in some of the most innovative musical circles of his time (the Cathedral of Padua and the Basilica of San Marco in Venice), he then contributed to the dissemination of the new musical language in the so-called minor centres.
Oggetto di studio della presente tesi di dottorato sono la figura e l’opera di Antonio Gualtieri (1574-1661), «musices magister» a San Daniele del Friuli e poi a Monselice, Montagnana e Venezia. Dopo aver ricostruito il profilo biografico del compositore sulla base di una sistematica ricerca d’archivio, ho trascritto in edizione critica moderna il corpus delle sue opere giunte fino a noi alcune integralmente altre solo in alcune parti. L’edizione critica si basa sulla individuazione delle fonti ed è accompagnata da una serie di schede analitiche con informazioni sui testi, sulla musica e sulla letteratura. Le intonazioni musicali sono state trascritte in partitura secondo i criteri attuali: varianti, omissioni e modifiche sono segnalate in apparato. La produzione di Antonio Gualtieri si inserisce pienamente nel clima culturale di inizio Seicento. Dai mottetti policorali, in cui è chiara l’influenza prevalente dei maestri padovani, la produzione sacra si sposta verso il più moderno stile concertato con i mottetti a poche voci e basso continuo, alcuni dei quali arricchiti da strumenti come il violino e il trombone. In ambito profano, la produzione del Gualtieri spazia dal genere semplice e leggero della canzonetta al più impegnativo madrigale il cui tratto distintivo continua a rimanere la forte aderenza della musica al testo. L’esito complessivo è particolarmente significativo, perché ha permesso di identificare il modus operandi di un compositore che, formatosi in alcuni degli ambienti musicali più innovativi del suo tempo (cattedrale di Padova e basilica di San Marco a Venezia), ha poi contribuito a diffondere il nuovo linguaggio musicale nei centri cosiddetti minori.
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Jacomet, Humbert. „Recherche sur le culte et l'iconographie de Saint Jacques le Majeur“. Paris 4, 1999. http://www.theses.fr/1999PA040025.

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On a généralement envisagé l'iconographie de Jacques le Majeur comme la juxtaposition et la combinaison de trois "types" définis par leurs attributs respectifs: l'apôtre, le pèlerin et le cavalier. De même, les scènes empruntées à sa légende ont-elles été perçues comme l'illustration de thèmes qui trouvent leur justification dans les textes qui les expliquent. Ainsi, les images nées de ces représentations ont-elles été cantonnées dans un rôle passif. Seul Emile Male a introduit une vision dynamique, en suggérant que la figure de saint Jacques pèlerin, comme les cycles qui mettent en scène sa vie et ses miracles, avaient été influencés par les confréries et le théâtre. Des lors, comment douter que la triple image de saint Jacques ne soit l'exact reflet des aspirations qu'on a mis en lui. A l'image cléricale de l'apôtre se superposent l'image populaire du pèlerin et l'image politique du guerrier. La classification empirique par "types" se voit ainsi coiffée par une théorie sociologique qui la fonde. L'ennui est que les figurations de saint Jacques se moquent des "types". Le "matamore" caracole en pèlerin, le pèlerin troque son bâton pour l'épée, l'apôtre n'hésite pas à se munir du sac et du bâton. Quant aux scènes, usant de raccourcis, elles fusionnent volontiers. On oublie que les images avant de se donner en spectacle et de se prendre elles-mêmes pour objets, ont une fonction ecclésiale et liturgique. L'étude de la basilique de Compostelle, de l'"altare argenteo" de Pistoia et de l'hôpital Saint-Jacques, à Paris, ensembles dont il est possible de ressaisir l'économie et l'évolution, oblige à reconsidérer la question. La découverte d'un modèle implicite et la hiérarchisation des images en fonction de l'espace liturgique permettent de restituer sa cohérence à l'iconographie de saint Jacques et d'interpréter les vestiges épars laissés par un culte qui fut très vivant dans la France du Moyen âge et de l'Ancien régime.
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RESTAINO, ANGELO. „Per uno studio paleografico delle denunce della Lira senese: scritture e scriventi nella compagnia di San Vigilio (1453-1498)“. Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/11573/918586.

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6

DE, LUCA SILVIA. „Quando Assisi non era serafica. La facciata della cattedrale di San Rufino nel contesto storico-artistico di una città-stato del XIII secolo“. Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/2158/1029691.

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Studio dedicato alla cattedrale di San Rufino in Assisi, in particolare alla sua facciata romanica. Vengono presi in esame la datazione del prospetto, gli aspetti materiali, il contesto storico-artistico del romanico nei territori del Patrimonium Sancti Petri, l'iconografia delle sculture e l'analisi stilistica.
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7

PETRAGLIA, MARISA. „LA CATTEDRALE DI SAN SABINO A CANOSA «[…] ad sedem pontificalem canusinae urbis corpus Christi famuli introducere studuit[…]; qui a sede, ad quam omnes convenire consueverant, puto, mille passibus distabat […]»“. Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/11573/917103.

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Bücher zum Thema "Cattedrale di San Vigilio"

1

Maule, Lodovico, und Chiara Moser. Squillate, campane!: Le campane della Cattedrale di San Vigilio a Trento nel centenario della loro rifusione : 1920-2020. Trento: Vita trentina, 2020.

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2

Romby, Giuseppina Carla. La Cattedrale di San Miniato. San Miniato (Pisa): Cassa di risparmio di San Miniato, 2004.

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3

Andergassen, Leo, und Domenica Primerano. L'immagine di San Vigilio, tra storia e leggenda. Trento: Museo diocesano tridentino, 2000.

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4

Comino, Giancarlo. Duomo di Mondovì: Cattedrale di San Donato. Genoa]: Sagep editori, 2018.

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5

Curzel, Emanuele. I canonici e il capitolo della cattedrale di Trento dal XII al XV secolo. Bologna: EDB, 2001.

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6

Curzel, Emanuele. I documenti del Capitolo della Cattedrale di Trento: Regesti, 1147-1303. Trento: Società di studi trentini di scienze storiche, 2000.

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7

Capellini, Pino. La Funicolare di San Vigilio: Storia, progetti e immagini. Bergamo: Arnoldi, 1991.

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8

Domenica, Primerano, Andergassen Leo 1964- und Museo diocesano tridentino, Hrsg. L' immagine di San Vigilio, tra storia e leggenda. Trento: Museo diocesano tridentino, 2000.

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9

Restagno, Josepha Costa, und Maria Celeste Paoli Maineri. La cattedrale di Albenga. Albenga (Savona) [etc.]: Istituto internazionale di studi liguri, 2007.

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10

Cogotti, Marina. La Cattedrale di San Clemente a Velletri. Roma: Gangemi, 2006.

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Buchteile zum Thema "Cattedrale di San Vigilio"

1

Vio, Ettore. „La basilica di San Marco da cappella ducale a cattedrale della città: storia, procuratori, proti e restauri“. In Matematica e cultura 2011, 11–31. Milano: Springer Milan, 2011. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1854-9_2.

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